24 Marzo 2017

Isola Bella, Palazzo Borromeo

All’Isola Bella torna a splendere il San Rocco restaurato

Cartella Stampa e Immagini

Comunicato Stampa

Concluso il restauro del magnifico “San Rocco” del Cagnoli.
Accoglierà i visitatori del Palazzo sull’Isola Bella

Il luminoso “San Rocco”, dipinto su tavola del maestro cinquecentesco Sperindio Cagnoli, accoglierà i visitatori del Palazzo Borromeo sull’Isola Bella.
La bellissima tavola, donata sul finire dell’Ottocento dai Borromeo alla parrocchiale dell’Isola, è stata da questa temporaneamente riaffidata alla famiglia donatrice affinché ne assicurasse il recupero e ne garantisse una adeguata conservazione.
Così, per incarico dei Principi, il magnifico San Rocco è stato consegnato allo Studio di Restauro di Carlotta Beccaria che l’ha reso oggetto di un intervento rivelatosi piuttosto complesso, preceduto da approfondite analisi. Lo stato conservativo della pala appariva decisamente “non adeguato”, sia per effetto di problemi strutturali del supporto ligneo ma anche per problemi conservativi ed estetici degli strati di pittura.
Con la consueta maestria, Carlotta Beccaria è riuscita a mettere in sicurezza l’opera, restituendole anche la vivacità dei colori che appariva offuscata.
Il grande “San Rocco” restaurato, è già stato posizionato lungo il percorso di visita di Palazzo Borromeo all’Isola Bella e, all’apertura il 24 marzo della nuova stagione turistica, fornirà un ulteriore motivo di attrazione per il pubblico.
La tavola ora restaurata è una pittura dal forte valore devozionale. Secondo la tradizione, Rocco avrebbe dedicato la propria vita all’assistenza dei malati di peste da cui avrebbe contratto il contagio di ritorno da un pellegrinaggio a Roma nei dintorni di Piacenza. Durante la malattia, isolato nella campagna, sarebbe stato nutrito da un cane e una voce divina gli avrebbe annunciato la prossima guarigione.
La devozione per il popolare santo taumaturgico, invocato durante le funeste epidemie che si sono succedute nel Quattro e nel primo quarto del Cinquecento, ha conosciuto una diffusione straordinaria in tutta l’Europa occidentale, e soprattutto in Italia del nord dove le immagini che lo raffigurano si sono moltiplicate a partire dalla seconda metà del Quattrocento.
Sperindio Cagnoli, ai primi del Cinquecento, per quest’opera sceglie di raffigurare il Santo come un giovane pellegrino con il bastone da viaggiatore, la conchiglia e le chiavi di san Pietro cucite sull’ampio collo della mantella che copre l’abito, stretto ai fianchi da una cintura alla quale è appesa la borsa dei denari. San Rocco, con la mano sinistra solleva un lembo della veste e mostra il bubbone dell’infezione, scoperto dalla calza arrotolata poco sopra il ginocchio. Gli attributi, l’abito e la posa sono gli stessi di quelli della tradizione quattrocentesca, ma addolciti dal disegno e dal tenero chiaroscuro che modella le mani, il volto e la gamba malata del santo; anche il piccolo angelo che trasmette l’annuncio della prossima, miracolosa guarigione, è dipinto con scioltezza e facilità, in pieno accordo con il volto di Rocco, colto in un’espressione di perplessa rassegnazione contadina. A fronte di questa grazia formale, il pittore ha sbozzato rapidamente il paesaggio montuoso, gli avvallamenti in primo piano e il fantasioso quadrupede che con le zampette giunte supplica il santo di nutrirsi e di afferrare il pane che tiene in bocca. Il carattere sommario del piano di posa, abbreviato ma efficace, mette in risalto per contrasto l’ampia superficie del cielo prealpino, terso e luminoso, contro il quale si staglia la figura colossale del Santo.

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Ufficio Stampa: Studio ESSECI, Sergio Campagnolo tel. 049.663499 info@studioesseci.net

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