A cura di Elisabetta Chiodini con Mariangela Agliati Ruggia
COMUNICATO STAMPA
Da sempre considerati fondamentali per completare l’abbigliamento, cappelli, borse, scarpe, guanti, bastoni, ombrelli, fazzoletti e ventagli non sono solo oggetti d’uso che da secoli ci accompagnano nella nostra quotidianità ma sono anche elementi che contribuiscono a definire lo status e l’appartenenza sociale degli uomini e delle donne che li indossano o che li utilizzano. Con un gioco di parole si potrebbe dire che si tratta di oggetti di classe che servono anche a segnare le differenze di classe all’interno della società.
Spesso associati al lusso e al potere, gli accessori di moda, grazie alle loro fogge ricercate e alla raffinatezza e alla preziosità dei materiali con cui sono realizzati, sottolineano però anche l’irriducibile unicità dei loro possessori.
Attraverso un confronto serrato con la loro rappresentazione nelle opere d’arte dell’epoca, l’esposizione si propone di illustrare la storia e l’evoluzione di diverse tipologie di complementi di moda tra gli anni trenta dell’Ottocento e i primi tre decenni del Novecento. Un arco di tempo che coincide in gran parte con quello che, non a caso, è stato definito il “secolo della borghesia” e che mostra come nel tempo i gusti di uomini e donne cambino velocemente: così elementi considerati per secoli “indispensabili” hanno talvolta perso un po’ del loro charme.
È il caso del cappello, fino ad un recente passato l’accessorio per eccellenza, oggi indossato molto meno frequentemente; o ancora del ventaglio, utilizzato fin dai tempi degli antichi Egizi per rinfrescarsi o allontanare gli insetti molesti, oggetto popolare e regale insieme, che ha raggiunto l’apice del successo durante il regno di Luigi XIV per poi perdere via via il suo fascino fino a qualche estate fa quando, inaspettatamente, è tornato di tendenza, diventando il più utile ed “ecosostenibile” tra i must-haves. Al contrario, altri accessori si sono trasformati in oggetti del desiderio solo nel corso degli ultimi cento anni; tra questi, scarpe e borse.
Ad importanti ritratti di rappresentanza, a vivaci e animate scene di genere, a manifesti pubblicitari, figurini, cataloghi di vendita e riviste di moda, lungo il percorso espositivo fanno da controcanto oggetti reali. Oggetti che non sono quasi mai semplici manufatti d’uso quotidiano ma veri e propri testimoni del gusto e della società del tempo, oltre che esempi di grande qualità artigianale che incuriosiscono, affascinano e inducono tutti noi a riflettere sia sulle vite di coloro che con cura e
grande creatività li hanno ideati e abilmente confezionati, sia su quelle di chi li ha acquistati e indossati.
Tra gli oltre 200 oggetti esposti figurano una sessantina di dipinti e sculture provenienti da collezioni pubbliche e private di autori sia di area ticinese che italiana, tra cui si segnalano alcuni nomi celebri della storia dell’arte quali Giacomo Balla, Giovanni Boldini, Telemaco Signorini, Mosè Bianchi, Eliseo Sala, Vincenzo Cabianca, Vittorio Matteo Corcos, Bernardino Pasta, Spartaco Vela, Filippo Franzoni, Adolfo Feragutti Visconti e Luigi Rossi.
La mostra offre però anche molto altro, non ultima l’opportunità di approfondire la produzione e la commercializzazione di alcuni di questi manufatti.
Grazie alla collaborazione del Centro di dialettologia e di etnografia dello Stato e in particolare del Museo Onsernonese di Loco, un focus è infatti posto sulla confezione di cappelli, cestini e borse di paglia, un’attività tipica della Val Onsernone, che esportava questi prodotti sui mercati lombardi e piemontesi, ma anche in Germania e in Francia. Un’ampia sezione storica intende inoltre far rivivere, anche attraverso fotografie, attrezzi di lavoro e documentazione originale, l’atmosfera che si respirava nell’ambiente della produzione e del commercio dei cappelli sul territorio ticinese con un excursus dedicato ai più importanti negozi di moda e ai grandi magazzini attivi in quel periodo in particolare sulla scena luganese.
La mostra si chiude con la figura della stilista luganese Elsa Barberis. Le forme semplificate e moderne dei suoi abiti segnano infatti l’inizio, dagli anni Quaranta, di una nuova stagione della moda e inaugurano una nuova maniera di disegnare e vivere gli accessori.
Nel catalogo, interamente illustrato, che accompagna l’esposizione, oltre agli interventi delle curatrici Elisabetta Chiodini e Mariangela Agliati Ruggia sono inclusi saggi di approfondimento e schede di: Beatrice Balzarini, Francina Chiara, Alberto Corvi, Mattia Dellagana, Marco Marcacci, Sara Miconi, Claudia Quadri, Andrea Sorze.
Informazioni
Orari
19 ottobre 2025 – 22 febbraio 2026
Martedì-venerdì: 9-12, 14-17
Sabato-domenica, 1. novembre, 8 e 26 dicembre, 1. e 6 gennaio: 10-12, 14-18
Lunedì, 24, 25 e 31 dicembre: Chiuso
Ingresso e servizi
intero: CHF/€ 10.-
ridotto (pensionati, studenti, gruppi): CHF/€ 8.-
Visite guidate su prenotazione anche fuori orario; bookshop; parcheggi nelle vicinanze.
Si accettano carte di credito.
Come raggiungerci: La Pinacoteca è raggiungibile in pochi minuti sia dalla stazione ferroviaria che dall’uscita autostradale di Mendrisio.
Ufficio stampa
per la Svizzera:
Pinacoteca Züst, Rancate/Mendrisio Tel. +41 (0)91 816.47.91
pinacoteca.zuest@ti.ch; www.ti.ch/zuest
per l’Italia:
Studio ESSECI Sergio Campagnolo Padova, Italia
Tel. +39 049.663.499 (Simone Raddi) simone@studioesseci.net www.studioesseci.net
Mostra realizzata con il contributo di
Fondazione Lucchini, Lugano
Fondazione Dr. Martin Othmar Winterhalter, Stans
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