05 Maggio 2025 - 23 Novembre 2025

Venezia, Fondazione Querini Stampalia

Studio ESSECI - JOHN BALDESSARI. No Stone Unturned – Conceptual Photography 4

JOHN BALDESSARI. No Stone Unturned – Conceptual Photography

Cartella Stampa e Immagini

Comunicato stampa

Con la mostra No Stone Unturned. Conceptual Photography dedicata al lavoro di John Baldessari, la Fondazione Querini Stampalia inaugura un nuovo capitolo sotto la direzione di Cristiana Collu. Vitale ed esemplare, la mostra segna l’inizio di una nuova stagione per questa istituzione. L’inaugurazione è prevista per il 5 maggio, compleanno del fondatore, il conte Giovanni Querini, e in concomitanza con la 19 Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, assumendo così una risonanza espressiva e intenzionale e tracciando quella che potremmo definire una coreografia temporale.
John Baldessari (1931–2020), una delle figure più influenti dell’arte concettuale, ha trascorso più di settant’anni a ridefinire la nostra idea di ciò che l’arte può essere. Traendo ispirazione dalla vita quotidiana e dalla cultura visiva, ha realizzato dipinti, sculture, disegni, video e fotografie che esplorano la tensione tra immagine e linguaggio, oggetto e significato – spesso con uno spirito disarmante.
Quella ospitata alla Querini è la più ampia mostra mai realizzata a Venezia sull’artista, ed è incentrata su un momento cruciale, alla fine degli anni Sessanta, quando la fotografia divenne il fulcro della sua pratica concettuale. Come Giovanni Querini, Baldessari è stato un precursore, un anticipatore. La sua opera riflette costantemente sulla grammatica dello spazio: uno spazio da decostruire, ricomporre, interrogare. Qui ogni opera parla un linguaggio al tempo stesso rigoroso e ludico, rivelando un’intelligenza spaziale che pulsa nel ritmo delle immagini e nell’interazione tra corpi, oggetti e superfici.
I soggetti delle fotografie di Baldessari sono sempre stati semplici: oggetti che trovava intorno a sé a Los Angeles, spesso nel suo studio, a casa o mentre insegnava. Quel che riusciva a fare con quegli oggetti, però, era molto più complesso. Nella celebre serie Commissioned Paintings (1969), fotografò un dito puntato su oggetti banali in luoghi altrettanto banali o indefiniti; poi incaricò un pittore iperrealista di riprodurre l’immagine e un pittore di insegne di aggiungere una didascalia con il nome del pittore, per esempio: “A Painting by Patrick X. Nidorf, O.S.A.”. In questo modo, Baldessari non solo complicava l’autorialità e la definizione di un quadro, ma rifletteva anche sulla capacità di quest’ultimo di incanalare l’attenzione e determinare che cosa meriti di essere guardato: concetti spesso dati per scontati, o trascurati.
Dopo Cremation Project (1970), in cui diede cerimonialmente alle fiamme molte delle tele realizzate prima della svolta concettuale (progetto documentato quasi esclusivamente attraverso fotografie), Baldessari diede vita, negli anni Settanta e primi Ottanta, a un’ampia produzione di serie fotografiche con cui sperimentò diverse modalità di utilizzo del mezzo fotografico. Per il progetto Police Drawing (1971), esplorò la fotografia come prova indiziaria: incontrò un gruppo di studenti che non lo avevano mai visto e filmò l’incontro, poi fece entrare un poliziotto esperto di identikit e gli fece disegnare un ritratto dell’artista basato sulle loro descrizioni.
Altre opere dei primi anni Settanta in mostra includono video come I will not make any more boring art (1971) e Teaching a Plant the Alphabet (1972), che presentano situazioni assurde e documentano performance banali e buffe; e serie fotografiche in cui le immagini, disposte in griglie o altri schemi visivi, diventano indagini sul movimento, il linguaggio e, di conseguenza, sul rapporto tra fotografia e cinema. Molte di queste opere nascono dagli esercizi che Baldessari assegnava ai suoi studenti al California Institute of the Arts (CalArts), per esempio “Come possono essere usate le piante nell’arte”, “Gettate oggetti fuori dalla finestra. Fotografateli a mezz’aria”, o “Descrivete il visivo verbalmente e il verbale visivamente”. Questi scritti e la sua attività didattica furono fondamentali non solo per la formazione degli studenti, ma anche per la sua pratica artistica.
Tra le opere della metà degli anni Settanta presenti in No Stone Unturned troviamo alcuni esempi tratti dalla Kissing Series, in cui il profilo di una persona si avvicina fino a toccare un altro oggetto, facendo “baciare” le due superfici a sottolineare l’importanza degli spazi tra le cose. Nella Embed Series, Baldessari inserisce parole e immagini dentro ogni foto, esplorando il concetto di immagine subliminale. L’idea della fotografia come codice, o come strumento di decodifica, appare anche nella Binary Code Series, che presenta sequenze di azioni – per esempio fumare una sigaretta – che sembrano veicolare un messaggio, reale o immaginato. Ciascuna di queste serie, basate su accostamenti e confronti tra oggetti, immagini e parole, ha posto le basi per molti dei celebri lavori a parete e dipinti degli anni Novanta e Duemila.
La mostra include anche una significativa presentazione di Blasted Allegories, una serie ampia e affascinante realizzata alla fine degli anni Settanta, e composta da fotografie scattate a uno schermo televisivo a cui vengono sovrapposte parole, in colori e composizioni di ogni sorta. Scattate con un timer, per rimuovere la “mano” dell’artista, ogni immagine televisiva veniva colorata e associata a una parola scelta da Baldessari o da suoi amici, sulla base del contenuto dell’immagine stessa. Usando frecce e altri simboli, Baldessari combinava le immagini in sequenze complesse che non miravano a determinare un significato univoco, ma piuttosto a mettere a nudo il nostro profondo bisogno di trovare un significato in tutto ciò che vediamo. L’artista ha descritto questa serie come “pezzetti di significato che fluttuano nell’aria e la cui effimera sintassi genera nuove idee”. In tutta No Stone Unturned, il desiderio di Baldessari di offrirci generosamente e apertamente delle nuove idee, soprattutto per mezzo della fotografia, emerge con forza e coerenza.

John Baldessari (1931–2020) ha vissuto e lavorato a Venice, California. Tra le sue principali mostre personali ricordiamo: Museo de Arte Contemporáneo Atchugarry, Maldonado, Uruguay (2025); Fundación Malba–Museo de Arte Latinoamericano de Buenos Aires (2024); Moderna Museet, Stoccolma (2020); Laguna Art Museum, Laguna Beach (2019); Museo Jumex, Città del Messico (2017); Städel Museum, Francoforte (2015); Garage Center for Contemporary Culture, Mosca (2013); Fondazione Prada, Milano (2010); Stedelijk Museum, Amsterdam (2011); e Tate Modern, Londra (2009), che ha viaggiato anche al Museu d’Art Contemporani de Barcelona (2010), al Los Angeles County Museum of Art (2010) e al Metropolitan Museum of Art di New York (2010–2011). Tra le mostre collettive: la 53. Biennale di Venezia (2009), dove ha ricevuto il Leone d’Oro alla carriera; la Whitney Biennial (2009, 1983); Documenta VII (1982), Documenta V (1972) e la Carnegie International (1985–86).

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Link

https://www.querinistampalia.org/it/

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