A cura di
Niccolò Lucarelli
Chiara Squarcina
L’indagine artistica di Sergio Monari tocca la complessità della classicità greco-romana. Le sue sculture, infatti, si pongono come riletture critiche della società contemporanea, prendendo come modello quella classica che, pur non scevra di difetti, aveva la bellezza quale ideale supremo, quale meta di un cammino civile fatto di coerenza e spiritualità, e che aveva nel mito un riferimento sia spirituale sia sociale, essendo la sua funzione quella di “ponte” fra il vissuto e l’ordine del cosmo. Monari mette in discussione l’importanza del mito nella costruzione delle istituzioni sociali, senza svilirlo in sé bensì, al contrario, attaccando l’incapacità della società contemporanea di riconoscerne la portata. La poesia, l’amore, la gloria, la guerra, il destino, il tempo, la vanità, la morte prendono forma in una sorta di romanzo antico, eppure sempre nuovo, attraverso un allestimento che si dispiega, opera dopo opera, su capitoli modellati in forma di umane sembianze, pulsioni, aspirazioni, dubbi e timori. Una “commedia umana” fatta di statue che però sono vive nella loro forza narrativa, personaggi eternati nella tridimensionalità del bronzo. Tramite di questa narrazione il piano terra del Museo Fortuny si tramuta in un palcoscenico teatrale che spazia fra le epoche in virtù di una scultura fatta di sguardi e parole, che si intuiscono pungenti e provocatori, appassionati e poetici insieme, una scultura che possiede una carica narrativa capace di accendere il dramma davanti allo sguardo dell’osservatore. Pur nella loro conflittualità, le sculture di Monari rivelano l’urgenza di un recupero della dimensione spirituale, e in virtù di ciò si offrono all’osservatore come tante fugaci ierofanie, labili rivelazioni di quella sacralità che un tempo apparteneva all’individuo. La presenza di Monari a Palazzo Fortuny, dunque, sottolinea l’esigenza di rafforzare e attualizzare il dialogo con quella cultura greco-romana che è la radice fondante della nostra società. Attraverso la sua opera se ne può riscoprire la modernità, così come avvenne per Mariano Fortuny che, con i suoi iconici abiti e i motivi decorativi delle sue stoffe stampate, tradusse valori e simboli dell’antichità classica in un linguaggio contemporaneo e atemporale.
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